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Chiesa di San Bartolomeo Apostolo

Penta

La chiesa di San Bartolomeo Apostolo (già di Santa Maria delle Grazie) è parte integrante dell’adiacente complesso monasteriale dei padri Verginiani.

Alla chiesa si accede attraverso un pronao, a quattro pilastri quadrangolari, che funge da “spazio filtro” tra il manufatto architettonico e l’ampia area ad esso antistante.

Sui pilastri, con basamento in pietra, scaricano tre volte a crociera che dividono idealmente il pronao in tre spazi, seguendo quella che era una sorta di “tipologia” tipica delle chiese verginiane. Il portale di accesso in pietra e il dipinto della Madonna con Gesù Bambino è opera di Cosimo Fanzago del 1648.

L’unica ampia navata, sovrastata da un superbo tavolato ligneo raffigurante la “Madonna con Gesù Bambino e anime del Purgatorio” di Michele Ricciardi del 1723, presentava, prima dei recenti restauri per rimediare ai danni del sisma del 1980, una copertura a capriate che sorreggeva il tavolato attraverso un sistema di tiranti simile a quello presente al Duomo di Napoli. Tuttavia, la parte centrale di tale tavolato, il cui autore è a tutt’oggi ignoto, è emersa solo in un secondo momento in seguito alla distruzione a causa del sisma della pregevole tela di Michele Ricciardi che la rivestiva.

Al 1932 risale l’antico pavimento della chiesa realizzato a spese del parroco Giuseppe Ricciardi, dopo il terremoto del 23 luglio 1930.

L’incrocio tra la navata e il transetto è individuato da una volta sferica. Gli stucchi che la decorano riproducono delle nervature radiali che si diramano da un finto oculo, collocato al centro della cupola, sul cui sfondo azzurro cielo si “libra” una colomba ad ali spiegate.

Il transetto è dato semplicemente dall’ampliarsi delle ultime due cappelle laterali che mantengono la stessa profondità delle altre ma sono larghe circa il doppio.

Dietro l’altare maggiore, anch’esso di buona fattura, risalente al XVIII secolo, si apre l’ampio vano del coro, le cui pareti ospitano pregevoli tele tra le quali “La visitazione di Maria ad Elisabetta” di Michele Ricciardi risalente al 1749, la “Presentazione di Gesù al tempio” e “Gesù nel tempio tra i dottori” entrambe del XVIII secolo.

In origine il coro era la sede di un organo ligneo, di notevole fattura, del 1746, opera minuziosa del maestro napoletano Tommaso De Martino. I lavori di restauro del 2014 hanno riportato l’organo all’antico splendore, ricollocandolo sulla parete di fronte all’altare maggiore, al di sopra dell’ingresso alla chiesa, lì dove era stato spostato in precedenza.

All’estrema destra del presbiterio vi è l’accesso alla sagrestia. Questa è coperta da una finta volta a sesto ribassato con decorazioni a stucco e affreschi in parte perduti in seguito al sisma del 1980. Il pavimento maiolicato della sagrestia è del XVIII secolo.

La tozza torre campanaria, a pianta quasi quadrata, si articola su quattro piani mediante cornicioni aggettanti in pietra sagomata.

Testi di riferimento

M. Sessa, Fisciano in sintesi, Salerno 1983, p. 41

P. Natella, Vignadonica di Villa. Saggio di toponomastica salernitana, Salerno 1983, p. 5

G. Crisci, A. Campagna, Salerno sacra, Salerno 1962, p. 214

P. Natella, I Sanseverino di Marsico, Mercato San Severino 1980, p. 24

G. Mongelli, Regesto delle pergamene di Montevergine, Roma 1970 e Archivio Storico dell’Abbazia di Montevergine, vol. II, Roma 1974; reg. 221

G. Celentano, Piccole Cronache di borghi salernitani